LA
GATTA CON GLI STIVALI RACCONTA...
La nostra
Gatta con gli stivali, dopo che Straparola per primo
pubblicò la sua storia, venne rinarrata da Giambattista Basile,
ma il finale era così triste che la gatta se ne andò.
Cammina cammina, dopo aver lasciato il mio padrone a Napoli, non mi fermai da nessuna parte se non per riprendere fiato, e dopo una sessantina d’anni arrivai a Parigi. Ero stremata, non avevo più voglia di aiutare nessuno, né di andare a chiacchierare con i re. Come dice un proverbio citato da Basile, a far bene agli asini si prendono calci. Il peggio è che non avevo più voglia nemmeno di cacciare: digiunavo spesso, come capita ancora ai gatti abbandonati.
Allora
capitava anche a tanti poveri francesi, mentre il loro Re Sole era
ricco da non dirsi. Viveva nella Reggia di Versailles, tra feste in
maschera e giochi meravigliosi.
Pensate
che una volta capitai da quelle parti, e salita su un albero vidi una
battaglia navale nelle vasche del parco, con bastimenti in miniatura,
sui quali il Re Sole e i suoi cortigiani guerreggiavano per
divertimento… A un certo punto vidi arrivare una bella carrozza,
che si fermò al cancello. Ne scese un elegante signore che guardò
nella mia direzione e mi chiamò: il cortese invito.
Era
Charles Perrault, architetto e narratore preferito di sua maestà! Mi
disse che il Re Sole amava le fiabe, e che la mia era una delle sue
preferite.
- Vi prego
- concluse - di farmi l’onore di essere mio ospite. Caro amico,
sarà mia premura ordinare al cuoco di prepararvi i vostri piatti
preferiti, inoltre vi farò confezionare un paio di morbidi stivali e
un cappello piumato. Monsieur, mi accompagnerete a caccia nelle
riserve reali, n’est pas? In breve tempo potrete recuperare le
forze e sarete più affascinante che mai.
Su quella
splendida carrozza dimenticai i calci ricevuti a Napoli e
ricominciai a credere nelle favole, ricordando un proverbio di
Basile: fa’ il bene e scordatene. Ma perché Perrault mi chiamava
Monsieur? Forse non curando più la mia pulizia avevo perso tutta la
mia femminilità.
Maître
chat!
Mi fece
cenno di salire sulla sua carrozza, e per quanto fossi polverosa e
male in arnese mi diedi un contegno, cosa che noi gatte e gatti
sappiamo sempre fare. Insomma, feci un inchino e accettai
Grazie a
Perrault, che conosceva sia Straparola che Basile, la mia fiaba aveva
viaggiato più veloce di me, e senza saperlo ero diventata uno dei
personaggi più famosi del mondo. Quelli che non conoscono la mia
storia raccontata da Straparola nel Cinquecento e da Basile nel
Seicento, credono che mi abbia inventato Perrault, e di fatto il mio
padroncino non è conosciuto né come Fortunato né come Cagliuso, ma
col nome che gli ha dato il narratore preferito del Re Sole: il
Marchese di Carabas, voilà!
Anche se
mi dispiace che pochi ricordino che la mia fiaba italiana circolava
in Europa già da un secolo e mezzo, sono grata a Charles Perrault,
che mi ha fatto indossare quel bel paio di stivali, veramente
confortevoli.
Quando gli
feci notare che ero una gatta, una femmina, mi disse che ormai, dopo
che ero entrata a far parte della sua raccolta di fiabe, Les
Contes de ma Mère l'Oye, per tutti ero e sarei rimasta il Gatto con
gli stivali, un maschio. Per qualche giorno non mi sentirono parlare
e nemmeno miagolare, ma poi mi sono adattata, ricordando che non ero
la prima a cambiare sesso nel mondo delle favole: Tiresia, il più
grande indovino dell’antica Grecia, era nato maschio, poi era stato
trasformato in femmina, poi era ridiventato maschio. Io ho fatto il
contrario: femmina a Venezia e a Napoli, sono diventata maschio a
Parigi, per tornare femmina a Firenze, in questa tabtale, pur essendo
ancora conosciuta come gatto maschio in quasi tutto il mondo.
Nella
favola di Perrault ero ancora un’eccellente cacciatrice, pardon, un
cacciatore, anche perché con quegli splendidi stivali potevo andare
dappertutto. Ormai camminavo solo sulle zampe posteriori ed ero
cortese come se avessi parlato col Re Sole in persona.
Ma la cosa
più importante che mi ha dato Perrault non sono gli stivali: è la
mia avventura con l’orco. Perrault doveva conoscere delle storie in
cui una creatura piccola e astuta come me sconfigge un essere grande
e prepotente come l’orco. Di certo una molto simile alla mia si
trova nelle Mille e una notte, la raccolta araba che fu tradotta da
Antoine Galland proprio a Parigi, prima del 1715, l’anno in cui
morì il Re Sole. (Da La
Gatta racconta,
pp. 21-30)
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