jueves, 21 de abril de 2016

LA PICCOLA VEDETTA LOMBARDA

LA PICCOLA VEDETTA LOMBARDA.

Nel 1859, durante la guerra per la liberazione della Lombardia, pochi giorni dopo la battaglia di Solferino e San Martino, vinta dai francesi e dagli italiani contro gli austriaci, in una bella mattinata del mese di giugno, un piccolo drappello di cavalleggieri di Saluzzo andava di lento passo, per un sentiero solitario, verso il nemico, esplorando attentamente la campagna. Guidavano il drappello un ufficiale e un sergente, e tutti guardavano lontano, davanti a sé, con occhio fisso, muti, preparati a veder da un momento all’altro biancheggiare fra gli alberi le divise degli avamposti nemici. Arrivarono così a una casetta rustica, circondata di frassini, davanti alla quale se ne stava tutto solo un ragazzo d’una dozzina d’anni, che scortecciava un piccolo ramo con un coltello, per farsene un bastoncino; da una finestra della casa spenzolava una larga bandiera tricolore; dentro non c’era nessuno: i contadini, messa fuori la bandiera, erano scappati, per paura degli austriaci. Appena visti i cavalleggieri, il ragazzo buttò via il bastone e si levò il berretto. Era un bel ragazzo, di viso ardito, con gli occhi grandi e celesti, coi capelli biondi e lunghi; era in maniche di camicia, e mostrava il petto nudo.
- Che fai qui? - gli domandò l’ufficiale, fermando il cavallo. - Perché non sei fuggito con la tua famiglia?
- Io non ho famiglia, - rispose il ragazzo. - Sono un trovatello, orfano. Lavoro un po’ per tutti. Son rimasto qui per veder la guerra.
 Hai visto passare degli austriaci?  No, da tre giorni.
L’ufficiale stette un poco pensando; poi saltò giù da cavallo, e lasciati i soldati lì, rivolti verso il nemico, entrò nella casa e salì sul tetto... La casa era bassa; dal tetto non si vedeva che un piccolo tratto di campagna. - Bisogna salir sugli alberi, - disse l’ufficiale, e discese. Proprio davanti all’aia si drizzava un frassino altissimo e sottile, che dondolava la vetta nell’azzurro. L’ufficiale rimase un po’ sopra pensiero, guardando ora l’albero ora i soldati; poi tutt’a un tratto domandò al ragazzo:
- Hai buona vista, tu, monello?
- Io? - rispose il ragazzo. - Io vedo un passerotto lontano un miglio.
- Saresti buono a salire in cima a quell’albero?
- In cima a quell’albero? io? In mezzo minuto ci salgo.
- E sapresti dirmi quello che vedi di lassù, se c’è soldati austriaci da quella parte, nuvoli di polvere, fucili che luccicano, cavalli?
- Sicuro che saprei.
- Che cosa vuoi per farmi questo servizio?
- Che cosa voglio? - disse il ragazzo sorridendo. - Niente. Bella cosa! E poi... se fosse per i tedeschi, a nessun patto; ma per i nostri! Io sono lombardo.
- Bene. Va su dunque.
-Un momento, che mi levi le scarpe. -Si levò le scarpe, si strinse la cinghia dei calzoni, buttò nell’erba il berretto e abbracciò il tronco del frassino.
— Ma bada.... — esclamò l’uffiziale, facendo l’atto di trattenerlo, come preso da un timore improvviso.
Il ragazzo si voltò a guardarlo, coi suoi begli occhi celesti, in atto interrogativo.
— Niente, — disse l’uffiziale; — va su.
Il ragazzo andò su, come un gatto.
— Guardate davanti a voi, — gridò l’uffiziale ai soldati.
In pochi momenti il ragazzo fu sulla cima dell’albero, avviticchiato al fusto, con le gambe fra le foglie, ma col busto scoperto, e il sole gli batteva sul capo biondo, che pareva d’oro. L’uffiziale lo vedeva appena, tanto era piccino lassù.
— Guarda dritto e lontano, — gridò l’uffiziale.
Il ragazzo, per veder meglio, staccò la mano destra dall’albero e se la mise alla fronte.
— Che cosa vedi? — domandò l’uffiziale.
Il ragazzo chinò il viso verso di lui, e facendosi portavoce della mano, rispose: — Due uomini a cavallo, sulla strada bianca.
— A che distanza di qui?
— Mezzo miglio.
— Movono?
— Son fermi.
- Che altro vedi? - domandò l’ufficiale, dopo un momento di silenzio. - Guarda a destra.
Il ragazzo guardò a destra.
Poi disse: - Vicino al cimitero, tra gli alberi, c’è qualche cosa che luccica. Paiono baionette.
- Vedi gente?
- No. Saran nascosti nel grano.
In quel momento un fischio di palla acutissimo passò alto per l’aria e andò a morire lontano dietro alla casa.
- Scendi, ragazzo! - gridò l’ufficiale. - T’han visto. Non voglio altro. Vien giù.
- Io non ho paura, - rispose il ragazzo.
- Scendi... - ripeté l’ufficiale, - che altro vedi, a sinistra?
- A sinistra?
- Sì, a sinistra!
Il ragazzo sporse il capo a sinistra; in quel punto un altro fischio più acuto e più basso del primo tagliò l’aria. Il ragazzo si riscosse tutto. - Accidenti! - esclamò. - L’hanno proprio con me! - La palla gli era passata poco lontano.
- A basso! - gridò l’ufficiale, imperioso e irritato.
- Scendo subito, - rispose il ragazzo. - Ma l’albero mi ripara, non dubiti. A sinistra, vuole sapere?
- A sinistra, - rispose l’ufficiale; - ma scendi.
- A sinistra, - gridò il ragazzo, sporgendo il busto da quella parte, - dove c’è una cappella, mi par di veder...
Un terzo fischio rabbioso passò in alto, e quasi ad un punto si vide il ragazzo venir giù, trattenendosi per un tratto al fusto ed ai rami, e poi precipitando a capo fitto colle braccia aperte.
- Maledizione! - gridò l’uffiziale, accorrendo.
Il ragazzo batté la schiena per terra e restò disteso con le braccia larghe, supino; un rigagnolo di sangue gli sgorgava dal petto, a sinistra. Il sergente e due soldati saltaron giù da cavallo; l’uffiziale si chinò e gli aprì la camicia: la palla gli era entrata nel polmone sinistro. - È morto! - esclamò l’uffiziale. - No, vive! - rispose il sergente. - Ah! povero ragazzo! bravo ragazzo! - gridò l’uffiziale; - coraggio! coraggio! - Ma mentre gli diceva coraggio e gli premeva il fazzoletto sulla ferita, il ragazzo stralunò gli occhi e abbandonò il capo: era morto. L’uffiziale impallidì, e lo guardò fisso per un momento; poi lo adagiò col capo sull’erba; s’alzò, e stette a guardarlo; anche il sergente e i due soldati, immobili, lo guardavano: gli altri stavan rivolti verso il nemico.
- Povero ragazzo! - ripeté tristemente l’uffiziale. - Povero e bravo ragazzo!
Poi s’avvicinò alla casa, levò dalla finestra la bandiera tricolore, e la distese come un drappo funebre sul piccolo morto, lasciandogli il viso scoperto. Il sergente raccolse a fianco del morto le scarpe, il berretto, il bastoncino e il coltello. Stettero ancora un momento silenziosi; poi l’ufficiale si rivolse al sergente e gli disse: - Lo manderemo a pigliare dall’ambulanza; è morto da soldato: lo seppelliranno i soldati. - Detto questo mandò un bacio al morto con un atto della mano, e gridò: - A cavallo. - Tutti balzarono in sella, il drappello si riunì e riprese il suo cammino.
E poche ore dopo il piccolo morto ebbe i suoi onori di guerra.
Al tramontar del sole, tutta la linea degli avamposti italiani s’avanzava verso il nemico, e per lo stesso cammino percorso la mattina dal drappello di cavalleria, procedeva su due file un grosso battaglione di bersaglieri, il quale, pochi giorni innanzi, aveva valorosamente rigato di sangue il colle di San Martino. La notizia della morte del ragazzo era già corsa fra quei soldati prima che lasciassero gli accampamenti. Il sentiero, fiancheggiato da un rigagnolo, passava a pochi passi di distanza dalla casa. Quando i primi ufficiali del battaglione videro il piccolo cadavere disteso ai piedi del frassino e coperto dalla bandiera tricolore, lo salutarono con la sciabola; e uno di essi si chinò sopra la sponda del rigagnolo, ch’era tutta fiorita, strappò due fiori e glieli gettò. Allora tutti i bersaglieri, via via che passavano, strapparono dei fiori e li gettarono al morto. In pochi minuti il ragazzo fu coperto di fiori, e ufficiali e soldati gli mandavan tutti un saluto passando: - Bravo, piccolo lombardo! - Addio, ragazzo! - A te, biondino! - Evviva! - Gloria! - Addio! - Un ufficiale gli gettò la sua medaglia al valore, un altro andò a baciargli la fronte. E i fiori continuavano a piovergli sui piedi nudi, sul petto insanguinato, sul capo biondo. Ed egli se ne dormiva là nell’erba, ravvolto nella sua bandiera, col viso bianco e quasi sorridente, povero ragazzo, come se sentisse quei saluti, e fosse contento d’aver dato la vita per la sua Lombardia.

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La petite vedette lombarde

En 1859, pendant la guerre de libération de la Lombardie, quelques jours après la bataille de Solférino et San Martino, que les Français et les Italiens ont gagnée contre les Autrichiens, par une belle matinée du mois de juin, un petit détachement de chevau-légers de Saluzzo avançait lentement vers l'ennemi par un chemin solitaire, en explorant soigneusement la campagne. Un officier et un sergent étaient à la tête de ce détachement. Tous les soldats regardaient fixement au loin, droit devant eux, muets, s'attendant à voir d'un moment à l'autre l'uniforme blanc des avant-postes ennemis. 
Ils arrivèrent ainsi à une maison de paysans, entrouée de frênes, devant laquelle se trouvait un garçon d'une douzaine d'années : il était seul et taillait avec son couteau un rameau pour en faire un petit bâton. Un drapeau tricolore pendait à une des fenêtres de la maison; à l'intérieur il n'y avait personne : les paysans, après avoir accroché le drapeau à la fenêtre, s'étaient enfuis par peur des Autrichiens. Dès qu'il vit les cheveau-légers, l'enfant abandonna son bâton et ôta son béret. C'était un beau garçon, au visage hardi, avec des grands yeux bleus, de longs cheveux blonds : il ne portait qu'une chemise, ouverte sur la poitrine. 
"Qu'est-ce que tu fais ici ? lui demanda l'officier, en arrêtant son cheval, pourquoi n'as-tu pas fui avec ta famille ?
- Je n'ai pas de famille, répondit l'enfant. Je ne suis qu'un enfant trouvé. Je travaille un peu pour tout le monde. Je suis resté ici pour voir la guerre. 
- As-tu vu passer les Autrichiens ? 
- Pas depuis trois jours."
L'officier réfléchit quelques instants; puis il descendit de cheval et, laissant les soldats postés en direction de l'ennemi, il entra dans la maison et monta sur le toit. La maison n'était pas haute; du toit on ne voyait qu'une petite étendue de campagne. 
"Il faut monter sur les arbres" dit l'officier, et il redescendit. Juste devant la maison se trouvait un frêne grand et mince, dont la cime oscillait dans le ciel azuré. L'officier réfléchit, regardant tantôt l'arbre, tantôt les soldats; puis soudain, il demanda à l'enfant : 
"Et toi, garnement, tu as bonne vue ?
- Moi ? répondit l'enfant, je vois un moineau à un mille de distance. 
- Tu serais capable de grimper jusqu'au sommet de cet arbre ? 
- Au sommet de cet arbre ? Moi ? En trente secondes, j'y suis. 
- Et tu saurais me dire ce que tu vois de là-haut, s'il y a des soldats autrichiens de ce côté-là, des nuages de poussière, des fusils qui scintillent, des chevaux ? 
- Bien sûr que je saurais. 
- Qu'est-ce que tu veux en échange de ce service ? 
- Qu'est-ce que je veux ? dit l'enfant en souriant. Rien. Elle est bonne, celle-là. Et puis ! ... Si c'était pour les Allemands, à aucun prix; mais pour les nôtres ! Je suis Lombard, moi. 
- Bien. Monte, alors. 
- Un instant, que j'enlève mes chaussures."
Il enleva ses chaussures, serra sa ceinture, jeta son béret dans l'herbe pour le retenir, comme s'il avait été saisi d'une crainte soudaine. 
L'enfant se tourna pour le regarder, avec ses yeux bleus, d'un air interrogatif.? 
"Rien, dit l'officier, monte". 
En quelques instants l'enfant fut au sommet de l'arbre, accroché au tronc, les jambes cachées dans les feuilles mais le buste découvert, et le soleil illuminait sa tête blonde qui semblait d'or. L'officier le voyait à peine, tant il était petit là-haut. 
"Regarde tout droit et bien loin" cria l'officier. 
L'enfant, pour mieux voir, détacha la main droite de l'arbre et la porta à son front. 
"Que vois-tu ?" demanda l'officier. 
L'enfant pencha son visage vers lui, et, se faisant un porte-voix de la main, répondit : 
"Deux hommes à cheval sur la route blanche. 
- A quelle distance d'ici ?
- Un demi-mille. 
- Bougent-ils ? 
- Ils sont à l'arrêt. 
- Que vois-tu d'autre ? demanda l'officier après un moment de silence. Regarde à droite."
L'enfant regarda à droite. Puis il dit : 
"Près du cimetièère, parmi les arbres, il y a quelque chose qui brille. On dirait des baïonnettes. 
- Est-ce que tu vois des hommes ? 
-Non, ils doivent être cachés dans les blés."
A ce moment-là, on entendit le sifflement d'une balle : d'abord haut dans l'air, puis atténué derrière la maison. 
"Descend, mon garçon ! cria l'officier, ils t'ont vu. Je ne veux rien d'autre. Descends !
- Je n'ai pas peur, répondit l'enfant. 
-Descends..., répéta l'officer; que vois-tu d'autre à gauche ? 
- A gauche ? 
- Oui, à gauche ?
L'enfant tendit la tête à gauche... A ce moemnt, un autre sifflement fendit l'air, plus bas que le premier avec un sifflement plus aigu. L'enfant tressaillit de tout son corps. "Diable ! s'exclama-t-il, c'est à moi qu'ils en veulent." La balle était passée tout près de lui.
"Descends ! cria l'officier, impérieux et irrité. 
- Tout de suite, répondit l'enfant, mais l'arbre me protège, soyez rassuré. A gauche, vous me demandiez ?
- A gauche, répondit l'officier; mais descends. 
- A gauche, cria l'enfant, en se penchant de ce côté-là, là où il y a une chapelle, j'ai l'impression de voir..."
On entendit passer en haut un troisième sifflement, et presque en même temps on vit l'enfant descendre, se retenant quelques instants au tronc et aux branches, puis précipité la tête en bas, les yeux ouverts. 
"Malédiction !" s'écria l'officier en accourant. 
Le garçon tomba brutalement sur les dos et resta allongé, les bras en croix; un petit ruisseau de sang jaillissait de sa poitrine, à gauche. Le sergent et deux soldats descendirent rapidement de cheval. L'officier se pencha et lui ouvrit la chemise : la balle avait pénétré dans le poumon gauche. 
"Il est mort ! s'exclama l'officier. 
- Non, il est vivant ! répondit le sergent.
- Ah ! Pauvre garçon ! Brave garçon ! s'écria l'officier. Courage ! Courage !"
Mais pendant que l'officier lui donnait du courage et qu'il pressait son mouchoir sur la blessure, les yeux de l'enfant se révulsèrent et sa tête tomba : il était mort. L'officier blêmit, et le contempla un moment. Puis il l'allongea et lui posa avec soin sa tête sur l'herbe; il se leva et le regarda encore. Le sergent et les deux soldats le regardaient aussi, immobiles; les autres étaient tournés en direction de l'ennemi. 
"Pauvre garçon ! répéta avec tristesse l'officier, pauvre et brave garçon !"
Puis il s'approcha de la maison, prit le drapeau tricolore qui était fixé à la fenêtre, et l'étendit comme un linceul sur l'enfant mort, en laissant son visage découvert. Le sergent rassemblat à côté du mort ses chaussures, son béret, son petit bâton et son couteau.
Ils restèrent encore un instant silencieux. Puis l'officier s'adressa au sergent et il lui dit : "On enverra l'ambulance le chercher. Il est mort en soldat; les soldats l'enterreront. " Après avoir prononcé ces mots, il envoya de la main un baiser à l'enfant, et cria : "Remontez sur les chevaux." Les soldats s'exécutèrent, le détachement se rassembla et reprit son chemin."
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El pequeño vigía lombardo


En 1859, durante la guerra por la independencia de Lombardía, pocos días después de las batallas de Solferino y San Martino, donde los franceses y los italianos triunfaron sobre los austriacos, en una hermosa mañana del mes de junio, una sección de caballería de Saluzzo iba a paso lento, por una estrecha senda solitaria, hacia el enemigo, explorando el campo atentamente. Mandaban la sección un oficial y un sargento, y todos miraban a lo lejos delante de sí, con los ojos fijos, silenciosos, preparándose para ver blanquear a cada momento, entre los árboles, las divisiones de las avanzadas enemigas.
Llegaron así a cierta casita rústica, rodeada de fresnos, delante de la cual sólo había un muchacho como de doce años, que descortezaba una gruesa rama con un cuchillo para proporcionarse un bastón. En una de las ventanas de la casa tremolaba al viento la bandera tricolor; dentro no había nadie: los aldeanos, izada su bandera, habían escapado por miedo a los austriacos. Apenas divisó la caballería, el muchacho tiró el bastón y se quitó la gorra. Era un hermoso niño, de aire descarado, con ojos grandes y azules, los cabellos rubios y largos; estaba en mangas de camisa y enseñaba el pecho desnudo.
-¿Qué haces aquí? -le preguntó el oficial parando el caballo-. ¿Por qué no has huido con tu familia?
-Yo no tengo familia -respondió el muchacho-. Soy expósito, huérfano. Trabajo al servicio de todos. Me he quedado aquí para ver la guerra.
-¿Has visto pasar a los austriacos?
-No, desde hace tres días.
El oficial se quedó un poco pensativo, después se apeó del caballo, y dejando a los soldados allí vueltos hacia el enemigo, entró en la casa y subió hasta el tejado: no se veía más que un pedazo de campo. "Es menester subir sobre los árboles", pensó el oficial; y bajó. Precisamente delante de la era se alzaba un fresno altísimo y flexible, cuya cumbre casi se mecía en las nubes. El oficial estuvo por momentos indeciso, mirando primero el árbol y luego a los soldados; de pronto preguntó al muchacho:
-¿Tienes buena vista, chico?
-¿Yo? -respondió el muchacho-. Yo veo un gorrioncillo aunque esté a dos leguas.
-¿Sabrías tú subir a la cima de aquel árbol?
-¿A la cima de aquel árbol, yo? En medio minuto me subo.
-¿Y sabrás decirme lo que veas desde allí arriba, si son soldados austriacos, nubes de polvo, fusiles que relucen, caballos...?
-Seguro que sabré.
-¿Qué quieres por prestarme este servicio?
-¿Qué quiero? -dijo el muchacho sonriendo-. Nada. ¡Vaya una cosa! Y después... si fuera por los alemanes, entonces por ningún precio: ¡pero por los nuestros!... Si yo soy lombardo.
-Bien; súbete, pues.
-Espere que me quite los zapatos.
Se quitó el calzado, se apretó el cinturón, echó al suelo la gorra y se abrazó al tronco del fresno.
-Pero, mira... -exclamó el oficial, intentando detenerlo como sobrecogido por un repentino temor.
El muchacho se volvió a mirarlo con sus hermosos ojos azules, en actitud interrogante.
-Nada -dijo el oficial-; sube.
El muchacho se encaramó como un gato.
-¡Miren adelante! -gritó el oficial a los soldados.
En pocos momentos el muchacho estuvo en la copa del árbol, abrazado al tronco, con las piernas entre las hojas pero con el pecho descubierto, y su rubia cabeza, que resplandecía con el sol, parecía oro. El oficial apenas lo veía: tan pequeño resultaba allí arriba.
-Mira hacia el frente, y muy lejos -gritó el oficial.
El chico, para ver mejor, sacó la mano derecha, que apoyaba en el árbol, y se la puso sobre los ojos a manera de pantalla.
-¿Qué ves? -preguntó el oficial.
El muchacho inclinó la cara hacia él, y, haciendo portavoz con su mano, respondió:
-Dos hombres a caballo en lo blanco del camino.
-¿A qué distancia de aquí?
-Media legua.
-¿Se mueven?
-Están parados.
-¿Qué otra cosa ves? -preguntó el oficial después de un instante de silencio-. Mira a la derecha.
El chico dijo:
-Cerca del cementerio, entre los árboles, hay algo que brilla; parecen bayonetas.
-¿Ves gente?
-No; estarán escondidos entre los sembrados.
En aquel momento, un silbido de bala agudísimo se sintió por el aire y fue a perderse lejos, detrás de la casa.
-¡Bájate, muchacho! -gritó el oficial-. Te han visto. No quiero saber más. Vente abajo.
-Yo no tengo miedo -respondió el chico.
-¡Baja!... -repitió el oficial-. ¿Qué más ves a la izquierda?
-¿A la izquierda?
El muchacho volvió la cabeza a la izquierda. En aquel momento otro silbido más agudo y más bajo hendió los aires. El muchacho se ocultó todo lo que pudo.
-¡Vamos -exclamó-, la han tomado conmigo!-. La bala le había pasado muy cerca.
-¡Abajo! -gritó el oficial con energía, furioso.
-En seguida bajo -respondió el chico-, pero el árbol me resguarda; no tenga usted cuidado. ¿A la izquierda quiere usted saber?
-A la izquierda -dijo el oficial-, pero baja.
-A la izquierda -gritó el niño, dirigiendo el cuerpo hacia aquella parte-, donde hay una capilla, me parece ver...
Un tercer silbido pasó por lo alto, y en seguida se vio al muchacho venir abajo, deteniéndose en un punto en el tronco y en las ramas, y precipitándose después de cabeza con los brazos abiertos.
-¡Maldición! -gritó el oficial, acudiendo.
El chico cayó a tierra de espaldas, y quedó tendido con los brazos abiertos, boca arriba: un arroyo de sangre le salió del pecho, a la izquierda. El sargento y dos soldados se apearon de sus caballos: el oficial se agachó y le separó la camisa; la bala le había entrado en el pulmón izquierdo.
-¡Está muerto! -exclamó el oficial.
-¡No, vive! -replicó el sargento.
-¡Ah, pobre niño, valiente muchacho! -gritó el oficial-. ¡Ánimo, ánimo!
Pero mientras decía "ánimo" y le oprimía el pañuelo sobre la herida, el muchacho movió los ojos e inclinó la cabeza: había muerto. El oficial palideció y lo miró fijo un minuto; después le arregló la cabeza sobre la hierba, se levantó y estuvo otro instante mirándolo. También el sargento y los dos soldados, inmóviles, lo miraban; los demás estaban vueltos hacia el enemigo.
-¡Pobre muchacho! -repitió tristemente el oficial-. ¡Pobre y valiente niño!
Luego se acercó a la casa, quitó de la ventana la bandera tricolor y la extendió como paño fúnebre sobre el pobre niño muerto, dejándole la cara descubierta. El sargento colocó a su lado los zapatos, la gorra, el bastón y el cuchillo.
Permanecieron aún un rato silenciosos; después, el oficial se volvió hacia el sargento y le dijo:
-Mandaremos que lo recoja la ambulancia: ha muerto como soldado, y como soldado debemos enterrarlo.
Dicho esto, dio al muerto un beso en la frente y gritó:
-¡A caballo!
Todos se aseguraron en las sillas, reuniéndose la sección, y volvió a emprender su marcha.
Pocas horas después, el niño muerto tuvo los honores de guerra.
Al ponerse el sol, toda la línea de las avanzadas italianas se dirigió hacia el enemigo, y por el mismo camino que había recorrido por la mañana la sección de caballería, avanzaba en dos filas un bravo batallón de cazadores, que pocos días antes había regado valerosamente con su sangre el collado de San Martino.
La noticia de la muerte del muchacho había corrido ya entre los soldados antes de que dejaran sus campamentos. El camino, flanqueado por un arroyuelo, pasaba a pocos pasos de distancia de la casa. Cuando los primeros oficiales del batallón vieron el pequeño cadáver tendido al pie del fresno y cubierto con la bandera tricolor, lo saludaron con sus sables, y uno de ellos se inclinó sobre la orilla del arroyo, que estaba muy florida, arrancó las flores, y se las echó. Entonces todos los cazadores, conforme iban pasando, cortaban flores y las arrojaban sobre el muerto. En pocos momentos, el muchacho se vio cubierto de flores, y todos los soldados le dirigían sus saludos al pasar: ¡Bravo, pequeño lombardo! ¡Adiós, niño! ¡Adiós, rubito! ¡Viva! ¡Bendito seas! ¡Adiós!
Un oficial le puso su cruz roja, otro lo besó en la frente, y las flores continuaban lloviendo sobre sus desnudos pies, sobre el pecho ensangrentado, sobre la rubia cabeza. Y él parecía dormido en la hierba, envuelto en la bandera, con el rostro pálido y casi sonriendo, como si oyese aquellos saludos y estuviese contento de haber dado la vida por su patria.
FIN
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THE LITTLE LOOKOUT OF LOMBARDY

In the year 1859, during the war for the liberation of Lombardy,—a few days after the battle of Solferino and San Martino, won by the French and Italians over the Austrians,—on a beautiful morning in the month of June, a little band of cavalry of Saluzzo was proceeding at a slow pace along a retired path, in the direction of the enemy, and exploring the country attentively. The troop was commanded by an officer and a sergeant, and all were gazing into the distance ahead of them, with eyes fixed, silent, and prepared at any moment to see the uniforms of the enemy's advance-posts gleam white before them through the trees. In this order they arrived at a rustic cabin, rounded by ash-trees, in front of which stood a solitary boy, about twelve years old, who was removing the bark from a small branch with a knife, in order to make himself a stick. From one window of the little house floated a large tri-colored flag. There was no one inside: the peasants had fled, after hanging out the flag, for fear of the Austrians. As soon as the lad saw the cavalry, he flung aside his stick and raised his cap. He was a handsome boy, with a bold face, large blue eyes and long, golden hair. He was in his shirt-sleeves and his breast was bare.
'“What are you doing here?” the officer asked him, reining in his horse. “Why did you not flee with your family? ” “I have no family,” replied the boy. “I am a foundling and an orphan. I do a little work for everybody. I stayed here to see the war.”
“Have you seen any Austrians pass?”
“No; not for these three days.”
The officer paused a while in thought; then he leaped from his horse, leaving his soldiers there, with their faces turned towards the foe, he entered the house and mounted to the roof. The house was low; from the roof only a small tract of country was visible.“ It will be necessary to climb the trees,” said the officer, and descended. Just in front of the garden plot rose a very lofty and slender ash-tree, which was rocking its crest in the sky. The officer stood thinking a moment, gazing now at the tree, and again at the soldiers; then, all of a sudden, he asked the lad:—
“Is your sight good, my lad?”
“Mine?” replied the boy. “I can spy a sparrow a mile away.”
“Are you good for a climb to the top of this tree?”
“To the top of this tree? I'll be up there in half a minute.”
“And will you be able to tell me what you see up there—if there are Austrian soldiers in that direction, clouds of dust, gleaming guns, horses?”
“Certainly I shall.”
“What do you ask for this service?”
“What do I ask?” said the lad, smiling. “Nothing. A fine thing, indeed! Now—if it were for the "Germans,"—I wouldn't do it on any terms; but for our men! I am a Lombard!”
“Good! Then up with you.”
“Wait a moment, until I take off my shoes.”
He pulled off his shoes, tightened the girth of his trousers, flung his cap on the grass, and clasped the trunk of the ash.
“Take care, now!” exclaimed the officer, making a movement to hold him back, as though seized with a sudden terror.
The boy turned to look at him, with his handsome blue eyes, as though to question him.
“No matter,” said the officer; “up with you!”
Up went the lad like a cat.
“Keep watch ahead!” shouted the officer to the soldiers.
In a few moments the boy was at the top of the tree, twined around the trunk, with his legs among the leaves, but his body displayed to view, and the sun beating down on his blonde head, which seemed like gold. The officer could hardly see him, so small did he seem.

“Look straight ahead and far away!” shouted the officer.
The lad, in order to see better, removed his right hand from the tree, and shaded his eyes with it.
“What do you see?” asked the officer.
The boy bent his head towards him, and, making a speaking-trumpet of his hand, replied, “Two men on horseback, on the white road.”
“At what distance from here?”
“Half a mile.”
“Are they moving?”
“They are standing still.”
“What else do you see?” asked the officer, after a momentary silence. “Look to the right.”
The boy looked to the right. Then he said: “Near the cemetery, among the trees, there is something glittering. It seems to be bayonets.”
“Do you see men?”
“No. They must be hidden in the grain.”
At that moment the sharp whiz of a bullet passed high up in the air, and died away in the distance, behind the house.
“Come down, my lad!” shouted the officer. “They have seen you. I don't want anything more. Come down!”
“I'm not afraid,” replied the boy.
“Come down!” repeated the officer. “What else do you see to the left?”
“To the left?”
“Yes, to the left.”
The lad turned his head to the left. At that moment, another whistle, more acute and lower than the first, cut the air. The boy was startled.
“Deuce take them!” he exclaimed. “They actually are aiming at me!” The bullet had passed at a short distance from him.
“Down!” shouted the officer, angrily and commandingly.
“I'll come down presently,” replied the boy. “But the tree shelters me. Don't fear. You want to know what there is on the left?”
“Yes, on the left,” answered the officer; “but come down.”
“On the left,” shouted the lad, turning his body in that direction, “yonder, where there is a chapel, I think I see—”
A third fierce whistle passed through the air, and almost at the same instant the boy was seen to descend, catching for a moment at the trunk and branches, and then falling headlong with arms outspread.
“Curse them!” exclaimed the officer, running up.
The boy landed on the ground, upon his back, and lay there with arms open and motionless; a stream of blood flowed from his left side. The sergeant and two soldiers leaped from their horses. The officer bent over and opened his shirt. The bullet had entered his left lung.
“He is dead!” exclaimed the officer.
“No, he still lives!” replied the sergeant.
“Ah, poor boy! brave boy!” cried the officer. “Courage, courage!” But while he was saying “courage,” he was pressing his handkerchief on the wound.
The boy rolled his eyes wildly and dropped his head back. He was dead. The officer turned pale and stood for a moment gazing at him. He laid him down carefully on his cloak upon the grass; then rose and stood looking at him. The sergeant and two soldiers also stood motionless, gazing upon him. The rest were facing the direction of the enemy.
“Poor boy!” repeated the officer. “Poor, brave boy!”
He approached the house, removed the tricolor from the window, and spread it like a shroud over the little dead boy, leaving his face uncovered. The sergeant collected the dead boy's shoes, his cap, his little stick, and his knife, and placed them beside him. They stood for a few moments longer in silence; then the officer turned to the sergeant and said to him,
“We will send the ambulance for him: he died as a soldier; the soldiers shall bury him.” Having said this, he threw a kiss to the dead boy, and shouted “To horse!” All sprang into the saddle, the troop drew together and resumed its road.
And a few hours later the little dead boy received the honors of war.
At sunset the whole line of the Italian advance-posts marched forward towards the foe; and along the same road which had been traversed in the morning by the detachment of cavalry, there proceeded, in two files, a heavy battalion of bersaglieri, who, a few days before, had valiantly watered the hill of San Martino with blood. The news of the boy's death had already spread among the soldiers before they left the encampment. The path, flanked by a rivulet, ran a few paces distant from the house. When the first officers of the battalion caught sight of the little body stretched at the foot of the ash-tree and covered with the tricolored banner, they made the salute to it with their swords, and one of them bent over the bank of the streamlet, which was covered with flowers at that spot, and plucked a couple of blossoms and threw them on it. Then all the sharpshooters, as they passed, plucked flowers and threw them on the body. In a few minutes the boy was covered with flowers, and officers and soldiers all saluted him as they passed by:
“Bravo, little Lombard!” “Farewell, my lad!” “I salute thee, gold locks!” “Hurrah!” “Glory!” “Farewell!”
One officer tossed him his medal for valor; another went and kissed his brow. And flowers continued to rain down on his bare feet, on his blood-stained breast, on his golden head. And there he lay asleep on the grass, enveloped in his flag, with a white and almost smiling face, as though he heard the salutes and was glad that he had given his life for his Lombardy.

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O pequeno vigia lombardo 

Em 1859, durante a guerra da libertação da 
Lombardia, poucos dias depois da batalha de Solferi- 
no e S. Martinho vencida pe-
los franceses e italianos contra os 
austríacos, em uma bela manhã de 
junho, um pequeno destacamento de 
cavalaria ligeira de Saluzo, seguia 
em passo vagaroso por um caminho 
solitário, em direcção ao inimigo, 
explorando atentamente o campo. 
Comandavam o destacamento um 
oficial e um sargento, e todos com 
a vista fixa ao longe em frente, mu- 
dos, esperando ver de um momento para o outro branque- 
jar entre as árvores as divisas das sentinelas avançadas do 
inimigo. Chegaram assim a uma casa rústica, cercada de 
freixos, ao pé da qual estava um rapaz de meia dúzia de 
anos, que descascava com uma faca um galho de árvore pa- 
ra fazer um bastãozinho. Na janela do prédio flutuava 
uma bandeira tricolor. Dentro não havia ninguém. Os 
camponeses arvoraram a bandeira e fugiram com medo 
dos austríacos. Mal avistou a cavalaria o rapaz deitou fora 
o bastão e tirou o barrete. Era um belo adolescente, de 
rosto ousado, com olhos grandes, azuis, e os cabelos lou- 
ros e compridos. Estava em mangas de camisa e via-se- 
-lhe o peito nu. 

— Que fazes aqui? — preguntou o oficial, parando o 
cavalo. Porque não fugiste com a tua família? 

— Eu não tenho família — respondeu o rapaz, sou 
engeitado. Trabalho um pouco para todos. Fiquei para 
ver a guerra. 

— Viste passar austríacos? 

— Não senhor, há três dias que não vejo nenhum. 

O oficial esteve um momento pensativo, depois 
apiou-se deixando os soldados voltados em direcção ao 
inimigo, entrou em casa e subiu ao telhado. A casa era 
baixa, e do telhado não se via mais que um trecho de ter- 
reno. Era necessário subir às árvores, disse consigo o ofi- 
cial, e desceu. Em frente da eira erguia-se a prumo um 
freixo altíssimo e delgado, cuja coroa oscilava no fundo 
azul. O oficial, concentrado, olhava ora para a árvore, ora 
para os soldados. Depois, de-repente, preguntou ao ra- 
paz: 

— Tens tu bom olho, meu tratante? 

— Eu! respondeu o rapaz; vejo um parda^ a uma mi- 
lha de distância. 

— E és capaz de subir ao cimo daquela árvore? 

— Àquela árvore... ora essa! Eu! num minuto estou 
lá em cima. 

E saberias dizer o que visses lá do alto; se haverá 
soldados austríacos por alguma parte, ou nuvens de pó, 
cavalos, luzir de espingardas? 

— De-certo que hei-de saber. 

— Que queres tu para fazer esse serviço? 

— O que eu quero ! disse o rapaz sorrindo. 

Não quero coisa nenhuma... Se fosse para os tudes- 
cos... isso então por nada deste mundo... mas para os 
nossos! Eu sou lombardo. 

— Bravo ! sobe lá. 

— Um momento para tirar os sapatos! 
Descalçou-se, apertou o cinto das calças, atirou ao 
chão o barrete, e abraçou-se ao tronco do freixo. 

— Mas toma cuidado!... exclamou o oficial fazendo 
menção de retê-lo, como se o assaltasse um temor repen- 
tino. O rapaz pôs-se a olhar para êle com os seus belos 
olhos azuis como initerogando-o. 

— Não é nada, dise o oficial, sobe lá!... 
O rapaz trepou como um gato. 

— Olhai em frente! gritou o oficial aos sol- 
dados. 

Em poucos momentos estava o rapaz no 
topo da árvore abraçado ao tronco, com as per- 
nas entre as folhas, mas com, o 
corpo descoberto. O sol batia- 
-lhe sobre a cabeça loura que 
parecia de ouro. O oficial 
mal o via, tão pequeno êle pa- 
recia na coroa do freixo. 

Olha atento, e ao longe! — gri- 
tou-lhe o oficial. 

O pequeno, para ver melhor, des- 
prendeu a mão direita da árvore, co- 
locou-a sobre a testa em forma de 
pala. 

— Que vês? preguntou o oficial. 
O rapaz inclinou a cabeça para 

êle, e fazendo da mão porta-voz, res- 
pondeu: 

— Vejo, na estrada branca, dois 
homens a cavalo. 

— A que distância daqui? 

— Meia milha. 

— Movem-se? 

— Estão parados. 

— Que mais vês? preguntou o oficial depois de um 
momento de silêncio. Olha agora à direita. 

O rapaz olhou à direita e depois disse: 

— Ao pé do cemitério, entre as árvores, há qualquer 
coisa que reluz, parecem baionetas. 

— Vês gente? 

— Não... pode ser que esteja escondida entre o mi- 
lho. Naquele momento, um silvo de bala agudíssimo, sen- 
tiu-se a grande altura, indo morrer ao longe, por detrás 
da casa. 

— Desce, desce, que já te viram! gritou o oficial. 
Não quero mais nada; desce. 

— Eu não tenho medo nenhum! respondeu o ra- 
paz. 

— Desce! repetiu o oficial... e que vês à esquerda. 

— À esquerda? 

— Sim, à esquerda. 

O rapaz voltou a cabeça à esquerda, e nesse momento 
sentiu-se um outro silvo mais agudo e mais baixo do 
que o primeiro. O rapaz encolheu-se todo. 

— Escapei por milagre: vinha direitinha a mim! 
A bala tinha-lhe passado a pouca distância. 

— Abaixo! — gritou o oficial imperioso e irritado. 

— Desço já — respondeu o rapaz — mas a árvore de- 
fende-me, não tenha susto. À esquerda é que quere sa- 
ber, não é? 

— A esquerda, sim — respondeu o oficial, mas desce! 

— A esquerda, gritou o rapaz, volvendo o corpo para 
aquele lado... lá, onde está uma capela... parece que 
vejo... Ouviu-se o terceiro silvo mais forte, e quási em 
seguida, o rapaz cambaleando, agarrando-se por instantes 
aos troncos e aos ramos, caía de cabeça para baixo, no 
chão. 

— Maldição! gritou o oficial, correndo para êle. 

O desgraçado batera com a espinha em terra e fi- 
cara estendido de costas com os braços abertos. Um jorro 
de sangue golfava-lhe do lado esquerdo do peito. O sar- 
gento e dois soldados apearam-se logo e o oficial de- 
bruçou-se sobre o ferido, abrindo-lhe a camisa. A bala 
tinha-lhe entrado no pulmão esquerdo. 

— Está morto! exclamou o oficial. 

— Ainda vive, acudiu o sargento. 

— Ah ! pobre valente rapaz ! continuou o oficial ; cora- 
gem! coragem! 

Mas enquanto êle o animava e lhe apertava um lenço 
sobre a ferida, o rapaz entreabrindo os olhos deixou 
cair a cabeça. Estava morto. O oficial empalideceu, fi- 
xou-o um momento, acomodando-o depois com a cabeça 


sobre a erva. Levantou-se em seguida, e ficou a olhar para 
êle contemplativo. O sargento e alguns soldados, imóveis, 
tinham igualmente os olhos fitos no pequeno morto e os 
outros estavam voltados com a frente para o inimigo. 

— Pobre rapaz! repetiu tristemente o oficial. Pobre 
e bravo rapaz ! 

Depois abeirou-se da casa, e tirando da janela a ban- 
deira tricolor, estendeu-a como um pano fúnebre sobre 
o cadáver, deixando-lhe o rosto descoberto. O sargento 
colocou ao lado do morto, os sapatos, o barrete, o bastão 
e a faca. Estiveram ainda algum tempo silenciosos; e 
em seguida o oficial, voltando-se para o sargento, disse- 
-lhe: 


— Mandá-lo-emos receber pela ambulância; morreu 
como soldado, que seja enterrado por soldados! 

Dito isto, atirou com um gesto um beijo ao morto, e 
gritou : 

— A cavalo! 

Todos montaram, reiiniu-se o destacamento e tomou 
o seu caminho. Poucas horas depois, o pequeno morto 
recebia as honras de guerra. Ao pôr do sol toda a linha 
de postos avançados dos italianos, marchava ao encontro 

do inimigo pelo mesmo caminho percorrido de manhã 
pelo destacamento de cavalaria. Prosseguia em duas filas 
cerradas um grosso batalhão de caçadores, que poucos 
dias antes regara valorosamente de sangue o monte de 
S. Martinho. A notícia da morte do rapaz tinha-se divul- 
gado entre aqueles soldados antes de deixarem o acampa- 
mento. O caminho, ladeado pelo regato, ficava a poucos 
passos de distância da casa. Quando os primeiros oficiais 
do batalhão viram o pequeno cadáver estendido ao pé 
do freixo e coberto pela bandeira tricolor, saiidaram-o 
com a espada, e um deles, inclinando-se sobre a margem 
do regato, que estava toda florida, arrancou duas flores 
e atirou-lhas. Em poço tempo estava o corpo do rapaz 
todo coberto de flores. Oficiais e soldados fizeram-lhe 
a continência. 

— Bravo ! pequeno lombardo ! Adeus, bravo rapaz ! 
A ti, louro mártir, Viva! Glória! Adeus! 

Um oficial, lançou-lhe a sua medalha de valor, e um 
outro, deu-lhe um beijo na testa. E as flores conti- 
nuavam a chover sobre os pés nus, sobre o peito ensan- 
giientado e sobre os cabelos do pobre rapaz envolto na 
sua bandeira, com o rosto pálido quási sorrindo, como 
se sentisse aquelas saudações, e estivesse contente por 
ter dado a vida pela Lombardia. 

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Micul cercetaș lombard.
În anul 1850, pe timpul războiului pentru liberarea Lombardiei, câteva zile după biruințele de la Solferino și St. Martino, câștigate de francezi și de italieni împotriva austrie-cilor, într-o frumoasă dimineață de iunie, un mic pluton de cercetași călări, porniți din Saluzzo, mergeau la pas pe o cărare singuratică, uitându-se pe câmpie cu multă băgare de seamă.
Plutonul era comandat de un ofițer și de un sergent. Nici unul nu spunea măcar o vorbă; toți mergeau cu ochii ațintiți în zare, așteptând în orice minut să se ivească printre arbori uniformele albe ale avanposturilor vrăjmașe.
Mergând așa ajunseră în preajma unei colibe țărănești, înconjurată de frasini. Un băiețel cam de vreo 12 ani stătea dinaintea casei și tăia cu o lamă de cuțit o ramură de frasin, ca să-și facă o nuia. La una din festrele casei atârna un steag tricolor.
Coliba era părăsită. Țăranii, după ce scoseseră steagul la fereastră, fugiseră de frica austriecilor. Băiatul îndată ce vă-zu soldați de-ai noștri, își aruncă nuiaua și-și scoase căciula. Era un băiat vioi și frumos la chip, cu ochii mari și albaștri, cu plete bălaie. Din cauza arșiței își scosese hăinuța, arun-când-o în iarbă și rămăsese numai în cămașă și în pantaloni strâns cu o cingătoare la brâu.
— Ce faci tu aici? îl întrebă ofițerul oprindu-și calul.
— De ce n-ai fugit cu părinții tăi?
— N-am părinți! răspunse băiatul. Îmi capăt hrana lucrând pentru unii și pentru alții. Am rămas aici, ca să văd bătălia.
— Ai văzut trecând pe aici austrieci?
— De trei zile încoace n-a mai trecut niciunul!
Ofițerul stătu nițel pe gânduri, apoi sări repede de pe cal își lăsă soldații grămadă la portiță, intră în colibă și se sui pe acoperiș. Coliba nu era înaltă și de pe acoperișul ei nu se vedea mai nimic din întinderea câmpiei.
"Ar trebui să se urce cineva în copaci", își zise ofițerul și coborî de pe casă. Chiar în fața casei se înălța un frasin foarte mare și subțire, care-și legăna vârful în văzduh.
Ofițerul se gândi câtva timp, uitându-se: când la copac, când la soldați; apoi întrebă pe băiat:
— Ai ochi buni, băiete?
— Cum de nu! îți văd pasărea în zarea cea mai depărtată, răspunse băiatul.
— Te-ai putea urca în vârful acestui copac?
— Eu? Într-o clipă și sunt în vârf.
— Și o să ne spui de cumva se zăresc de acolo, soldați aus-trieci, puști, cai? Dacă se ridică mult praf în sus?
— Negreșit!
— Și ce să-ți dau ca să-mi faci treaba aceasta?
— Ce să-mi dai? zise băiatul zâmbind. Nimica! Frumos ar fi, zău! Pentru austrieci n-aș face-o niciodată cu capul! Dar pentru ai noștri! Nu sunt și eu lombard?
— Suie-te dar!
— Stai puțin să-mi scot pantofii.
Își scoase pantofii, își strânse cureaua, își azvârli căciula în iarbă și se agăță de copac.
— Stai! strigă ofițerul, vrând să-l oprească, cuprins deo-dată de teamă. Băiatul se uită la el cu niște ochi mari, parcă l-ar întreba ce vrea.
— Nimica! adăugase ofițerul. Suie-te!
Băiatul se urcă ușor ca o pisică.
Ofițerul dete poruncă soldaților să se uite drept înaintea lor.
În câteva minute, băiatul ajunse până în vârful copacului și ținându-se strâns de trunchi, picioarele-i rămăseseră as-cunse în frunziș, iar corpul de la brâu în sus, de-abia i se zărea de la acea înălțime.
— Uită-te drept înainte și departe, îi strigă ofițerul.
Băia-tul, ca să vadă mai bine se ținu de copac numai cu o mână, pe cealaltă o puse la ochi, ca să nu-l orbească razele soarelui, care se furișau printre pletele sale bălaie și le făcea ca de aur.
— Ce vezi? întrebă ofițerul.
Băiatul plecă ușor capul în jos și, punându-și mâna la gură, ca să i se audă glasul, răspunse:
— Văd doi oameni călări pe șosea.
— La ce depărtare de aici?
— La o jumătate de milă.
— Vin încoace?
— Nu, stau pe loc.
— Ce mai vezi? întrebă ofițerul după un minut de tăcere. Uită-te la dreapta!
Băiatul se uită, apoi zise:
— Pe lângă cimitir, printre arbori, este ceva care lucește la soare, s-ar zice niște baionete.
— Oameni, vezi?
— Nu, trebuie să fie ascunși prin grâu. Deodată se auzi șuierătura unui glonț, care trecu prin aer și se pierdu în depărtare, către spatele casei.
— Dă-te jos! strigă ofițerul. Te-au văzut! Dă-te jos, nu vreau să mai aflu nimica!
— Nu mi-e frică, răspunse băiatul.
— Dâ-te jos! repetă ofițerul; însă luându-și seama, mai întrebă:
— Dar la stânga ce mai vezi?
— La stânga?
— Da, la stânga.
Băiatul întinse capul spre stânga. O altă șuierătură și mai apropiată decât cea dintâi străbătu aerul. Băiatul tremură.
— Ce Dumnezeu! strigă el. Pare că nemții vor să-și verse focul pe mine. Glonțul trecuse foarte aproape.
— Dă-te jos, strigă ofițerul mâniat și cu ton poruncitor.
— Mă cobor îndată, răspunse copilul, dar n-aveți teamă, mă adăpostește frunzișul copacului. Vrei să știi ce este în stânga?
— Da, dar dă-te jos, adăugase ofițerul.
— La stânga, strigă băiatul lungindu-și trupul.
— Spre partea unde este o bisericuță, parcă văd...!
O a treia șuierătură și mai năpraznică se auzi deodată. Băiatul alunecă, încercă să se agațe de crăci, și căzu întins la picioarele copacului.
— Blestemații! Mi-au omorât copilul! strigă ofițerul, aler-gând către el.
Băiatul rămăsese întins la pământ cu brațele întinse. Un șiroi de sânge curgea din pieptul lui. Sergentul și doi soldați săriră repede de pe cai, ca să-i vină în ajutor. Sergentul se aplecă și-i desfăcu repede cămașa. Glonțul pătrunsese plămânul stâng.
— A murit? întrebă ofițerul.
— Nu, trăiește încă! răspunse sergentul.
— Dragul meu băiat! zise ofițerul aplecându-se spre el; nu te speria, prinde inimă!
Pe când, însă, ofițerul îl îndemna să nu se sperie și-i apă-sa batista pe rană, ca să-i oprească sângele, băiatul își dete sufletul.
Ofițerul rămase înmărmurit, galben ca turta de ceară și cu ochii ațintiți asupra micului viteaz. În urmă se aplecă, îi așeză frumos capul pe iarbă; se sculă în picioare, să-l mai privească încă. Sergentul și cei doi soldați erau și ei mâhniți până în fundul inimii.
Plutonul stătea întors în partea în care se știa că se află vrăjmașii.
— Puiul de viteaz! zice încă o dată ofițerul, cu ochii plini de lacrimi, și rostind acestea, se duse spre casă, smulse steagul tricolor de la fereastră și-l întinse ca un giulgiu jalnic peste băiețelul mort, lăsându-i chipul dezvelit.
Sergentul puse lângă el căciuliță, pantofii și cuțitașul cu care își tăiase nuiaua cu câteva minute mai înainte.

Îl mai priviră câtva timp în tăcere, apoi ofițerul zise sergentului:
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— Voi trimite ambulanța să-l ridice de aici: a murit soldățește, soldățește trebuie să-l îngropăm. După aceea îi mai trimise cu mâna un ultim adio și strigă soldaților:
— Încălecați, băieți! Înainte!
Toți săriră pe șa și micul pluton, strângându-se porni. Curând după aceea, copilul mort primi onorurile militare.
Către apusul soarelui, tot șirul avanposturilor italiene, ducându-se întru întâmpinarea vrăjmașului, trecu pe același drum pe care îl străbătuse dimineața, micul pluton de călă-reți. Era un batalion întreg de vânători, care, cu câteva zile mai înainte, udase cu sânge vitejesc dealul San-Martino.
Batalionul înainta despărțit în două șiruri. De-a lungul drumului curgea un pârâiaș limpede cu marginile smălțuite de flori; casa părăsită era la o mică depărtare.
Vestea despre moartea vitejească a băiatului pătrunsese repede în tabără, astfel că cei dintâi ofițeri ai batalionului, care zăriră micul cadavru, îl salută scoțând săbiile. Unul din ei se plecă pe marginea pârâului, rupse câteva flori și i le az-vârli. Toți îl imitară. Fiecare, ofițer sau soldat, aruncându-i flori, îi striga salutându-l militărește:
— Rămas bun, pui de viteaz lombard! Onoare ție, copile! Trăiască Italia! Glorie vitejilor.
Un ofițer îi aruncă medalia sa de virtute militară. Un altul se duse să-l sărute pe frunte.
Florile se grămădeau mereu pe piciorușele lui goale, pe pieptu-i însângerat, pe micul lui cap bălai. Iar el, întins pe iarbă, învăluit în steagul național, dormea liniștitul somn al veșniciei.
Chipul îi era alb și parcă surâdea, ca și cum sărmanul băiat ar fi auzit acele salutări și ar fi fost vesel, că-și dăduse viața pentru scumpa lui Lombardie.
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A kis lombárd őrszem.

1859-ben, a Lombárdia fölszabaditásáért vivott harcban, kevéssel a solferinói és san-martinói csaták után, melyekben a franciák és olaszok legyőzték az osztrákokat, junius havának egyik szép reggelén, a saluzzói lovasezred egy kis csapata léptetve haladt egy magányos ösvényen az ellenség felé, élesen vizsgálva a mezőt. A kis csapat élén a hadnagy meg az őrmester lovagolt és mind kimeresztett szemmel vizsgálódtak, minden pillanatban készen arra, hogy egyszerre csak megpillantják a bokrok közt az ellenség előőrseit.
Igy értek egy kis tanyához, melyet kőrisfák fogtak körül; előtte, teljesen egyedül, üldögélt egy 12-14 éves fiu, aki bicskájával botot farigcsált egy letört ágból. A ház egyik ablakában hatalmas háromszinü lobogó lengett, odabent azonban nem volt senki; a parasztok, miután kitüzték a zászlót, elmenekültek, mert féltek az osztrákoktól.
A kis fiu, mihelyt meglátta a lovaskatonákat, rögtön eldobta a botot és levette a sipkáját. Szép gyerek volt: bátor, értelmes arcu, nagy, kék szemekkel és hosszu, szőke hajjal; csak ingujjban volt s a meleg miatt be se gombolta az ingét, ugy hogy a födetlen melle is kilátszott.
- Mit csinálsz itt? - kérdezte tőle a hadnagy, megállitván a lovát. - Miért nem szaladtál el te is a szüleiddel?
- Nekem nincsenek szüleim, - felelte a fiu. - Én talált gyerek vagyok. Annak dolgozom, aki megfogad. És azért maradtam itt, hogy lássam a háborut.
- Láttál-e osztrákokat erre menni? - kérdezte a hadnagy kiváncsian.
- Három nap óta egyet se - felelte a fiu.
A hadnagy kissé gondolkozott, aztán leszállt a lóról s ott hagyván a kis csapatot, hogy figyeljen az ellenség felé, ő maga bement a házba és fölment a tetőre... A ház alacsony volt; a tetejéről bizony nem lehetett valami messzire látni.
- Föl kell mászni a fákra - mondta a hadnagy, mikor kijött a házból.
Közvetlenül a tanya előtt emelkedett egy magas, karcsu kőrisfa, melynek koronája egyenletesen ringatózott a friss szellőben. A hadnagy gondolkozott néhány pillanatig és hol a fára nézett, hol a katonákra; majd hirtelen odafordult a fiuhoz:
- Van-e jó szemed, gyerek? - kérdezte tőle.
- Nekem? - felelte a fiu. - Olyan szemem van, hogy egy mértföldről is meglátom a verebet.
- Hát aztán föl tudnál-e mászni ennek a fának a tetejére?
- Hogy föl-e? - vágott vissza félvállról a fiu. - Egy perc alatt odafönt vagyok!
- És meg tudnád mondani, hogy mit látsz odaát, - kérdezte tovább a hadnagy - hogy vannak-e arra osztrák katonák, porfelhő, csillogó puskák, huszárok?
- Ha vannak, hát megmondom - felelte a fiu készségesen.
- És mennyiért teszed meg ezt nekem? - kérdezte a hadnagy komolyan.
- Hogy mennyiért? - felelte a fiu mosolyogva - hát ingyen! Még csak az volna szép, ha pénzt kérnék ezért... A németeknek meg nem tenném semmi pénzért; de a mienknek?!... Én lombárd gyerek vagyok.
- Jól van, - bólintott a hadnagy - akkor hát másszál föl a fára.
- Csak addig tessék várni, - mondta a fiu - mig lehuzom a cipőmet.
Lerugta a cipőit, megszoritotta a nadrágsziját, ledobta sipkáját a fübe és két kis karjával megölelte a karcsu fa törzsét.
- De vigyázz! - kiáltott föl a hadnagy és odalépett hozzá, mintha vissza akarná tartani, mert hirtelen aggódni kezdett.
A fiu megfordult és kérdően nézett rá nagy, kék szemeivel.
- Semmi, semmi, - mondta a hadnagy - csak menj föl bátran.
A fiu oly gyorsan és ügyesen kuszott föl a fára, mint a macska.
- Nézzetek mind előre! - kiáltott a hadnagy a katonákra.
A fiu pár perc alatt fönn volt a fa tetején, karjaival átölelte a törzsét, de csak alsó testét takarták el a lombok és egész melle födetlen volt, ugy hogy szőke haja aranyként ragyogott a ráeső verőfényben. És oly kicsiny volt, hogy a hadnagy szinte alig látta lentről.
- Nézz előre, a messzeségbe! - kiáltott föl hozzá hangosan.
A fiu, hogy jobban lásson, jobb karjával eleresztette a fatörzset és kezét a szeme fölé tette ernyőnek. Most ismét fölkiáltott hozzá a hadnagy:
- Nos, mit látsz?
A fiu lehajlott felső testével és, trombitát csinálván a kezéből, lesüvöltött:
- Két embert látok lovon, a fehér országuton.
- Mennyire lehetnek ide? - kérdezte a hadnagy.
- Félmértföldnyire.
- Jönnek vagy mennek?
- Nem; csak állnak.
- Mit látsz még? - kérdezte a hadnagy rövid szünet után. - Most nézz jobbra.
A fiu arra nézett s aztán igy szólt:
- Közel a temetőhöz csillogni látok valamit a fák között. Szuronyok lesznek.
- Hát embereket látsz-e? - kérdezte a hadnagy izgatottan.
- Nem, - rázta fejét a fiu. - Talán elbujtak a vetésben.
Ebben a pillanatban éles süvöltéssel repült el egy golyó fönt a magasban s a baljóslatu zizegésre ijedten kiáltott föl a hadnagy a fiunak:
- Gyere le, fiam! A gazemberek megláttak. Nem is akarok többet tudni. Gyere le.
- De én nem félek - szabadkozott a fiu.
- Mégis gyere le - ismételte a hadnagy; majd gyorsan hozzátette: - Hát balra látsz-e valamit?
- Balra? - ismételte a fiu és arra felé nyujtotta a nyakát.
E pillanatban ismét fölhangzott ez előbbi baljóslatu süvöltés, de már sokkal közelebbről és a levelek csattogva zörrentek meg, amint a golyó átcsapott rajtuk... A fiu összerázkódott.
- A guta üsse meg őket! - kiáltott föl. - Ugy látszik, hogy csakugyan rám utaznak.
Valóban ugy látszott, mert a golyó alig pár lépésnyire süvöltött el mellette.
- Gyere le rögtön! - kiáltott föl a hadnagy idegesen - azonnal jőjj le a fáról!
- Mindjárt megyek, - felelte a fiu - de ne tessék félni: megvéd engemet ez a fatörzs... Azt akarja tudni, hogy mi van balra?
- Igen, balra, - ismételte a hadnagy - de azért inkább csak szállj le.
- Balra, - kiáltott le a fiu, miközben egész felső testével kihajolt az ágak közül - balra, ahol a kápolna van, ugy tetszik, hogy...
Még élesebb zizegés hasitott bele a levegőbe és csaknem ugyanabban pillanatban lefelé kezdett zuhanni a fiu, aki eleinte megkapaszkodott itt-ott az ágakban, majd kitárt karokkal, fejjel lefelé esett ágról ágra, szinte megfordulván maga körül, ahogy egy-egy ág megállitotta.
- Átkozott gazemberek! - kiáltott föl a hadnagy és odaszaladt.
A fiu háta nagy zökkenéssel érte a földet s aztán ott maradt a test mozdulatlanul, a hátán fekve, két karját keresztbe tárva a földön; a melle baloldalán vékony erecskében szivárgott a vér a halálos sebből. Az őrmester és két katona rögtön leugrott a lóról, de a hadnagy akkor már ott térdelt a fiu mellett és széthuzta az ingét: - a fiunak baltüdejét furta át a golyó.
- Meghalt! - kiáltott a hadnagy.
- Nem, még él! - felelte az őrmester reménykedve.
- Ah, szegény fiam... derék fiu! - biztatta a hadnagy a gyereket - bátorság, fiam, bátorság!
De mialatt zsebkendőjét a sebre szoritotta és kissé föl akarta ültetni a sebesültet, a fiu szeme a fehérével fordult fölfelé, a feje pedig hátrabicsaklott: - meghalt.
A hadnagy elsápadt; pár pillanatig merően bámult a halottra és gyöngéden lefektette. Aztán fölkelt és ugy nézett rá, - az őrmester és a két katona is mozdulatlanul nézte a szegény fiut, mig a többiek némán ültek lovukon, arccal az ellenség felé fordulva.
- Szegény fiu, - ismételte a hadnagy szomoruan - szegény, derék fiu...
Odament a házhoz, leakasztotta az ablakról a háromszinü lobogót és ráteritette a kis halottra, mint szemfedőt, de ugy, hogy az arca szabadon maradt. Az őrmester ezalatt összeszedte a fiu "hagyatékát": a cipőit, a sipkáját, a bicskáját, meg a kis botot.
Aztán még pár pillanatig némán álltak olt, majd a hadnagy odafordult az őrmesterhez:
- Elküldjük érte a betegápolókat - mondta. - Ugy halt meg, mint hős: katonatemetés jár neki.
Ezt mondván, csókolt intett feléje a kezével és hangosan kiáltotta:
- Lóra!...
Az őrmester meg a két lovas nyeregbe pattant s a kis csapat tovább lovagolt.
Pár órával később a kis halott megkapta a hősöknek járó katonai tiszteletet.
Mikor a nap már kezdett aláhanyatlani a szemhatáron, az olasz előőrsök egész vonala megindult az ellenség felé s ugyanazon az uton, amelyen reggel a kis lovascsapat ügetett, most kettes sorokban masirozott egy vadászzászlóalj, amely pár nappal ezelőtt hősi vérével öntözte a san-martinói dombokat.
A hősi halált halt gyermek története már szájról szájra járt a katonák között, még mielőtt elindultak táborhelyükről. Az ut, melyet kis patak szegélyezett, pár lépésnyire kanyargott a magányos majorháztól, - s mikor a zászlóalj élén lovagló tisztek megpillantották a kis halottat, mely még mindig ott feküdt a magas kőrisfa tövében, letakarva a háromszinü lobogóval: a kardjukkal tisztelegtek neki. Az egyik pedig - egy gyalogos hadnagy - lehajolt a patak partjára, amely tele volt virággal s leszakitván két szálat, odadobta a halottra.
És ekkor minden vadász, aki arra ment, marokkal tépte, szórta a virágot a kis halottra, ugy hogy a virághalom csakhamar elboritotta a lobogót. Tisztek, altisztek és közkatonák mind üdvözölték egy-egy virággal arra mentükben a kis hőst:
- Brávó, kis lombárd gyerek! - Isten veled, fiam! - Hős voltál, szép szőke gyerek! - A te dicsőséged nagyobb, mint a mienk! - Isten veled!...
Az egyik tiszt odadobta neki a vitézségi érmét, egy másik homlokon csókolta, - és a virágok egyre hulltak mezitelen lábaira, véres mellére, szőke fürteire. Ő pedig ott aludt a virágos réten, begöngyölve hazája lobogójába és hófehér arca szinte mosolygott, - szegény gyerek: mint hogyha csak hallotta volna a sok szives üdvözletet, - boldogan, hogy meghalhatott a szép Lombárdiáért!

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Det lilla lombardiska utkiket

(övers. Sandra Dermark)

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